“Chiamati a comunicare vita”, questo è stato lo slogan per il campo di formazione nazionale per educatori e responsabili ACR che si è svolto lo scorso agosto a Meta di Sorrento. La riflessione e i laboratori si sono focalizzati sul come l’ACR vive e può vivere la chiesa dell’Evangelii Gaudium. Sono intervenuti il presidente nazionale Matteo Truffelli proponendo un filo rosso tra le parole formazione, protagonismo, popolarità nella figura dell’educatore discepolo-missionario e l’assistente generale Gualtiero Sigismondi con una riflessione sulla chiesa in uscita declinata nell’EG. Non sono mancati interventi di tipo formativo-pedagogico, momenti di gioco e condivisione con i quali entrare a pieno nell’ambientazione di quest’anno associativo. Proponiamo le brevi impressioni e commenti di chi ha partecipato al campo.
Chiara da Cervignano
Costruire il proprio essere educatore è un puzzle di esperienze che compongono un disegno in divenire, mai completo. Il bello di questo compito è che non si può svolgere da soli: serve una fraterna collaborazione e una costruttiva condivisione che profuma di casa, di famiglia, in un abbraccio che va dall’Arcidiocesi di Gorizia alla Valle d’Aosta, fino alla punta estrema della Sicilia. Semplici esempi di quella chiesa “da campanello” che fa sentire ciascuno chiamato a formarsi nell’essere educatore, lasciando a terra le zavorre per donarsi con il cuore aperto all’ascolto dei piccoli. Guardare senza filtri per abbracciare da un capo all’altro dell’obbiettivo: non immobili come statue, ma pronti a scattare!
Eleonora da Ronchi
Qualche settimana fa ho avuto il piacere di partecipare al Campo Nazionale di Ac per responsabili Acr. Fin da subito si è respirato un clima di amicizia e fraternità, merito anche dei numerosi educatori ed educatrici di tutta Italia che si sono messi in gioco e hanno arricchito questa esperienza. Mi ha colpito molto il fatto di trovarmi di fronte ragazzi molto giovani, qualcuno appena ventenne e con un bagaglio molto grande. Ma...cosa mi sono portata a casa da questa esperienza? Ll'Intervento che mi ha ha colpito di più è stato sicuramente quello della prof. Antonia Chiara Scardicchio, sarei rimasta lì ad ascoltarla per ore. La prima domanda che ci ha posto è stata: "che cos'è un bambino?" grazie a questa piccola provocazione ci ha aiutato a scoprire le domande che si fanno e che ci fanno i bambini. Molteplici sono stati gli esempi, quello che mi ha colpito di più sicuramente e che viene da un pezzo del mio film preferito "La Vita è Bella" di Roberto Benigni, è il passaggio in cui il protagonista si ritrova in un campo di concentramento e per salvare Giosuè, suo figlio, dalle barbarie nazista inventa sul momento una gara, numerosi sono i sacrifici da fare per arrivare alla "vittoria" finale: il carro armato, tanto desiderato dal piccolo. Il padre nasconde le cose brutte che accadevano in quel posto e invita il ragazzo a fare dei sacrifici, come "non chiedere le caremelle" o "desiderare la mamma" o "fare i capricci" per poter avere il premio. Non gli nasconde la verità, anche se può essere molto dura.
Elisabetta da Cervignano
Tra i molteplici stimoli e provocazioni che mi porto a casa da questo campo ce ne sono due che voglio condividere. Il primo riguarda le parole di Mons. Sigismondi riguardo alla nostra chiesa e all’atteggiamento di uscita che ognuno è chiamato ad avere. Serve una chiesa che abbia passione cattolica, che si faccia capace di trovare nuove strade e che cammini assieme. Non possiamo fare a meno della relazione personale con gli altri, perché solo con il dialogo autentico possiamo trasmettere la bellezza dell’amore che Dio ha per noi, serve “una pastorale del campanello e non del campanile”. Il secondo stimolo viene dall’intervento della Prof. Scardichio che ci ha aiutato a riscoprire le domande fondamentali che un bambino si fa e le dinamiche con cui vive il mondo. Forte di una citazione di Crepet “i bambini sono bassi, ma non sono scemi” porto a casa l’atteggiamento di rinnovata curiosità che dovremmo avere nei confronti dei bimbi che ci vengono affidati. La formazione ricevuta resta così indelebile e viva grazie alla presenza di tutti gli educatori che si sono messi in gioco e con cui si è (ri)creata quella famiglia fatta volti noti e nuovi che ha nome Azione Cattolica.