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Festa della Pace Diocesana

L’azione cattolica ritorna dopo diversi anni a Monfalcone con una grande festa in Piazza e la mostra del Centenario associativo.

“Solo tutti insieme, vogliamo e possiamo essere testimoni credibili di pace. Per testimoniare e condividere esperienze di pace”. Lo ha ribadito l’Azione cattolica diocesana di Gorizia alla Festa diocesana della pace 2025, “La pace in azione”, che si è svolta venerdi 24 e sabato 25 gennaio ed ha vissuto un momento unitario, partecipato anche da giovanissimi, giovani e adulti, nella Piazza della Repubblica a Monfalcone con il lancio dei palloncini con il messaggio di pace e la celebrazione eucaristica nella Chiesa del Duomo presieduta dall’Arcivescovo Carlo e dai tre Assistenti diocesani AC, Mons. MIchele Centomo, don Marco Zaina e don Giovanni De Rosa. “Nel pensare questo momento – ha spiegato il Presidente diocesano Paolo Cappelli – oltre all’Acr abbiamo deciso, di coinvolgere attivamente tutta l’associazione, giovani, adulti e famiglie. Un particolare ringraziamento alla Unità Pastorale di Monfalcone che ha ospitato le attività dei ragazzi nel Ricreatorio San Michele, al Comune di Monfalcone che ha patrocinato l’evento offrendo gli spazi nel Palazzo Veneto e la Piazza della Repubblica, e la Fondazione CARIGO che ha sostenuto l’iniziativa.
AZIONE CATTOLICA DEI RAGAZZI- La Pace In Azione
Anche quest’anno le ragazze e i ragazzi dell’ACR, provenienti da tutta la Diocesi, hanno potuto vivere la tradizionale Festa della Pace diocesana.
La Pace in Azione, lo slogan di quest’anno, sottolinea che costruire la pace è un’azione quotidiana, un impegno costante che ognuno di noi può mettere in pratica. Mettere in scena la pace è un processo concreto, che nasce dal dialogo e dall’impegno per ricucire relazioni spezzate e costruire un futuro condiviso.
Contestualizzare questo processo nell’ambientazione del cinema, ambientazione di quest’anno, lo rende ancora più suggestivo: cosı̀ come i protagonisti dei Eilm agiscono per cambiare la loro storia, anche noi siamo chiamati a diventare attori di pace, trasformando il mondo attraverso gesti, scelte e decisioni.
Dopo un momento di conoscenza e gioco iniziale, le acierrine e gli acierrini, come in un vero Cinema, hanno potuto vedere un piccolo spezzone del Film “Un sogno per domani”.
Tramite questo lancio, hanno potuto riElettere: ogni gesto, anche il più piccolo, può diventare il ciak iniziale di un racconto di pace: dall’accoglienza di chi ha sbagliato alla promozione di percorsi di riconciliazione e perdono.
EL stato poi loro chiesto di trasformarsi in dei veri sceneggiatori e attori di Pace, realizzando un vero e proprio Trailer di Pace.
In questo mese vogliamo farci missionari ed invitare tutti a scrivere insieme una sceneggiatura di pace, fatta di dialogo, azioni concrete e solidarietà. Ogni atto di riconciliazione e cura verso l’altro è una scena che resterà impressa: un mondo di pace è la storia che vogliamo raccontare.
SETTORE GIOVANI - La grande sfida di vivere la complessità della città.
Dopo la Santa messa vissuta assieme a tutta l’Associazione e comunità di Monfalcone i ragazzi e ragazze del settore Giovani si sono spostati al Ricreatorio San Michele per cenare insieme e continuare le attività.
Attraverso un gioco i ragazzi hanno provato a progettare una città “ideale” che rispetti le diverse esigenze dei cittadini e dove trovino spazio le istituzioni e servizi utili alla vita nella città, tutto ciò amministrando un dato budget, —compito per nulla semplice –. Dopo questa prima fase sono “sorte” diverse città, ma sono arrivate anche le prime difficoltà alle quali far fronte e ci si è interrogati sul da farsi e quali strumenti utilizzare. A tal proposito si è ascoltata la testimonianza di vita e le grandi opere di pace realizzate da Giorgio La Pira nel suo tempo, e si è visto come il dialogo, l’aspirazione verso un bene comune possano essere la chiave verso un futuro di pace e superamento delle povertà.
«Unire le città per unire le Nazioni», questo diceva il Sindaco di Firenze quando pensava ai “gemellaggi”, come strumenti dell’unità dei popoli e ponti capaci di creare un tessuto destinato a fasciare di pace un mondo dilaniato dalle guerre che correva verso una distruzione totale.
La Pira vedeva nelle nuove generazioni, il passaggio migratorio inarrestabile che fanno tipicamente le rondini quando cambia la stagione dall’inverno alla primavera e la loro percezione istintiva del mutamento storico in atto, — questo passaggio che porta dal deserto alla terra promessa della Pace —.
SETTORE ADULTI - Giorgio La Pira, un sindaco santo che lottò per il disarmo
Al Palazzetto Veneto di Monfalcone, si è svolto un appassionante e affollato incontro promosso dall’Azione Cattolica diocesana su “Giorgio La Pira e la profezia di pace”. La relatrice, Patrizia Giunti, ordinaria di diritto romano all’Università di Firenze (ruolo che aveva ricoperto anche La Pira), presidente della Fondazione a lui intitolata, rispondendo alle domande del giornalista Guido Baggi, ha proposto un ritratto affascinante di questo grande laico cristiano, politico e concreto operatore di pace, dimostrando non solo profonda competenza e arte comunicativa e linguistica, ma anche autentica sintonia con la visione del “sindaco santo”. 
Nato a Pozzallo in Sicilia nel 1904, cresciuto presso uno zio massone e anticlericale, Giorgio La Pira, diplomatosi in ragioneria, si iscrive a giurisprudenza. Nel 1924, durante la Messa di Pasqua, avviene una svolta nella sua vita, come egli stesso scrive, “lo non dimenticherò mai quella Pasqua 1924, in cui ricevei Gesù Eucaristico: risentii nelle vene circolare una innocenza così piena, da non potere trattenere il canto e la felicità smisurata”. Decide quindi di consacrarsi a Dio: “col mio abito laico per lavorare con più fecondità nel mondo laico lontano da Lui”.
Nel 1926 arriva a Firenze, seguendo il suo relatore di tesi. Diventa docente universitario e, a partire dal fondamento cristiano della carità, affronta l’impegno politico, che caratterizzerà tutta la sua vita, fra scelte difficili e incomprensioni con gli stessi amici. Critica il fascismo, partecipa agli incontri clandestini all’Università Cattolica con Dossetti, tiene lezioni di dottrina sociale alla Lateranense, che saranno poi pubblicate nel libro “La nostra vocazione sociale”, in cui troviamo proposte di grande attualità per i cristiani di oggi: “L’orazione non basta; non basta la vita interiore; bisogna che questa vita si costruisca dei canali esterni destinati a farla circolare nella città dell’uomo. 
Bisogna trasformarla la società!
(…) Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa 'brutta'! No: l'impegno politico -cioè l'impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall'economico- è un impegno di umanità e di santità”. Questa visione si traduce nella concreta e coerente assunzione di responsabilità politiche: eletto all’Assemblea Costituente, poi alla Camera dei Deputati, nel 1951 diventa sindaco di Firenze, venendo costretto l’anno successivo a dimettersi da parlamentare con una legge ad hoc. Affronta subito due gravi problemi sociali: l’emergenza casa dovuta alla crescita degli sfratti, per cui vara un piano di edilizia pubblica e dispone la requisizione degli immobili vuoti; la crisi dell’azienda Pignone che avrebbe messo sul lastrico 2.000 famiglie. Quando, nel 1953, all’annuncio di chiusura gli operai occupano la fabbrica, La Pira li appoggia entrando in conflitto con Fanfani, cui comunica di rimettere il mandato di sindaco “se esserlo significa dire nero al bianco e bianco al nero”.  Con coraggio riesce a promuovere un accordo per far nascere Nuovo Pignone, tuttora principale azienda produttiva fiorentina.
Intanto viaggia molto e viene riconosciuto a livello internazionale, mentre trova sempre più opposizione nel contesto politico di appartenenza, accusato di fare il gioco dei comunisti. Dal 1952 al 1956 convoca 5 Convegni per la Pace e la Civiltà cristiana, cui seguono dal 1958 i Colloqui Mediterranei, con l’obiettivo di attivare un dialogo basato sulle radici comuni dei popoli “che vivono sulle rive di questo misterioso lago di Tiberiade”. Vi partecipano personalità di moltissime nazioni creando le basi di una grande rete diplomatica informale. Nel 1954 tiene a Ginevra un famoso discorso all’Assemblea della Croce Rossa Internazionale sul ruolo delle città: “Sono venuto per affermare il diritto all'esistenza delle città umane, un diritto di cui siamo titolari, noi della generazione presente, ma del quale sono titolari ancor di più gli uomini delle generazioni future”. 
Nel 1959 il suo impegno per la pace lo porta a Mosca, dove si rivolge ai massimi governanti dell’URSS: “Dunque, Signori del Soviet Supremo, il nostro disegno architettonico deve essere questo: dare ai popoli la pace, costruire case, fecondare i campi, aprire officine, scuole e ospedali, far fiorire le arti e giardini, ricostruire ovunque le chiese e le cattedrali”.
Nel 1965 incontra ad Hanoi Ho Chi Minh che si dimostra disponibile a negoziare anche senza il previo ritiro americano, ponendo come condizione che la cosa resti riservata, ma negli USA qualcuno invia la notizia a un giornale e l’accordo salta. Gli resterà il grande cruccio per gli 8 anni di guerra e i tanti morti che si sarebbero potuti evitare. 
Nel 1976 è di nuovo eletto deputato, ma ha gravi problemi di salute, che l’anno dopo gli impediscono di partecipare a un incontro euro-arabo a Firenze, cui invia un messaggio che costituisce una sintesi della sua opera per la pace e un forte richiamo per noi oggi. Citando la tesi enunciata in un precedente convegno (Il possibile dialogo arabo-israeliano se vuole essere efficace e risolutivo davvero non può che essere triangolare: Israele Palestina e gli altri Stati arabi confinanti), afferma che la tesi "fiorentina" del triangolo appare ogni giorno più valida con l’obiettivo “di rendere certezza la speranza radicata in Abramo (spes contra spem!) di riconciliare Israele ed Ismaele”.
Muore nel novembre 1977. Fra i tanti modi in cui è stato definito, in quest’anno giubilare ci piace ricordarlo come “il commesso viaggiatore della speranza", la speranza irriducibile di chi sa "osare l'inosabile", come scrisse considerandola la "divisa avventurosa" del patriarca Abramo.
data di pubblicazione: 25-01-2025
tema: UNITARIO
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