Un archivio per fermarsi, fare memoria, ricercare o studiare. È quanto è riuscita a realizzare l’Azione Cattolica diocesana di Gorizia riordinando appunti, scritti, articoli e documenti di don Renzo Boscarol, parroco di San Lorenzo e Santo Stefano a Ronchi dei Legionari e storico assistente diocesano dell’associazione (1993 – 2017). Il sacerdote è scomparso nel 2021 a causa di una polmonite da Covid. Il risultato di questa iniziativa sostenuta grazie ad un finanziamento del Ministero della Cultura, è stato portato a termine attraverso il lavoro condotto dall’archivista Luca Olivo che si è impegnato in un riordino di due mesi. Un’operazione conclusasi a fine 2023 e che ora trova compimento con l’apertura dell’archivio all’interno della casa canonica di via San Lorenzo 7, a Ronchi. Sarà possibile visitarlo e consultarlo su appuntamento. L’inaugurazione si terrà venerdì 7 marzo alle 17.15 con la partecipazione dei parenti di don Boscarol, del Consiglio Pastorale, dei rappresentanti dell’amministrazione comunale, dell’Ac diocesana e parrocchiale. Al termine, alle 18.30, la comunità cristiana ronchese – unitamente a quella decanale e diocesana - ricorderà il suo amato parroco con la celebrazione di una santa messa nella chiesa arcipretale di San Lorenzo
Il sacerdote ronchese è stato testimone di una vita donata e vissuta nel concreto con tante «persone semplici» – come sottolineato nel testamento spirituale – nella «Sua Grazia» perché «la vita è un dono che non si consuma ma si mette a disposizione e si conclude nel bene». La sua giovinezza e le sue scelte erano profondamente legate al Concilio Vaticano Secondo. Nelle sue ultime volontà espresse alla comunità e rivolte a sua sorella Gabriella, don Renzo si è definito «bisiaco, ronchese ma cittadino del mondo». Il dialogo ed il confronto sono stati gli insegnamenti che con successo ha saputo fare propri nel ministero, a scuola, nella comunicazione sociale, nella cultura e nella politica. Segmenti questi, di una vita trascorsa in quella «terra media», la Mitteleuropa di cui ha riconosciuto fino all’ultimo giorno «la preziosità unica, respingendo ogni tentativo di accaparramento e di inflazione». Il sacerdote ronchese è stato anche assistente Triveneto dell’Aci.
Un impegno, come quello di assistente unitario, che ha vissuto tra fraternità e servizio in «una comunità di comunione». Don Boscarol amava la Chiesa. Ha interpretato la vita presbiteriale e quella cristiana come «un’amicizia fraterna». Non le ha semplicemente considerate «ideali alti e inaccessibili».
Spesso severo con la Chiesa diocesana, ne è stato un autorevole – e mai autoritario – esponente. Protagonista di un «giornalismo di militanza» che – spessissimo - picchiava duro a livello ecclesiale e sulla società, nel suo testamento, il sacerdote dice della comunicazione: «È stata la mia vita». Sostenitore di un’informazione che «sia prima di tutto introduzione alla verità, senza illudersi di possederla ma lasciandone intravedere la luce e la forza liberatrice», lo storico direttore del Settimanale Diocesano Voce Isontina riconosceva nel “servizio giornalistico” «un unico padrone ed un unico referente, i lettori». Don Renzo non perdonava silenzi, ossequi e servilismo.
Ha testimoniato e vissuto la Parola di Dio anche nella comunicazione in un connubio tra istanza critica e consolazione. Pieno sostenitore dei giovani che lo ricordano come uomo tra la gente, tessitore di relazioni, prete, insegnante e uno dei padri locali della professione giornalistica, Renzo Boscarol ha ricordato fino al suo ultimo respiro alle nuove generazioni di «andare avanti» senza lasciarsi intimorire o bloccare «da paure insensate, populismi di comodo e da insensatezze ideologiche».