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Il volto femminile dell'Azione Cattolica nella Diocesi di Gorizia nei suoi primi centro anni

data di pubblicazione: 24-09-2021

L’intervento del professore Ferruccio Tassin durante la presentazione del volume del 13 settembre scorso: un sintetico riassunto dell’opera.

Il volume è composto da 150 pagine ed è dedicato a tutti gli aderenti di A. C. con lo spirito e l’esortazione a volgere lo sguardo al passato da cui trarre linfa per il futuro.
 
Nella prefazione l’Arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli sottolinea il ruolo “in particolare della fedele laica”, anche alla luce di un impegno per il superamento dell’attuale crisi nella trasmissione della fede.
 
Il Presidente diocesano di  A. C. Paolo Cappelli ricorda il secolo di fondazione qui in diocesi; la fondazione in Italia, nel 1868, da parte di Mario Fani e Giovanni Acquaderni  e, nel 1918, della Gioventù Femminile di Azione Cattolica da parte di Armida Barelli.  La pubblicazione vuole essere un contributo alla crescita nei vari ambiti della diocesi.
 
L’Autrice Maria Serena Novelli introduce le quaranta figure femminili, descritte come donne straordinarie, anche se spiega che “essere di Azione Cattolica non voleva e non vuol dire fare cose diverse dall’ordinario, ma vivere l’ordinario con lo spirito e la spiritualità cristiana”.
 
Barbara Spanedda, responsabile dell’archivio di A. C., offre un efficace e sintetico inquadramento storico al lavoro: le origini, i protagonisti in Italia; il ramificarsi per fasce d’età e in diverse direzioni, dell’impegno dei laici, dall’insegnamento religioso, all’assistenza, alla vita sociale, fino all’impegno politico, con il voto alle donne nel 1946.
 
Il criterio alfabetico scelto per la successione delle sintetiche, ma - nel contenuto - ampie, schede biografiche, delle 40 figure, risponde evidentemente al desiderio di dare pari dignità a ogni personaggio.
 
Le fonti provengono da archivi parrocchiali, pubblicazioni, stampa e, dato il numero delle persone citate per un grazie, da un nutrito numero di testimonianze orali.
 
Significativa la scelta di presentare, in primo piano, il volto di quasi tutte le protagoniste e quella di un buon corredo di fonti fotografiche, dove compaiono anche sacerdoti che hanno avuto ruolo fondamentale per la formazione e nell’azione di queste donne impegnate in una quotidianità spesso silenziosa e pure eloquente.
 
Qua e là, si avvertono gli echi di momenti storici che partono dalla fine della Grande Guerra.
 
Grande quella guerra per gli sconquassi che provocò in Europa, in Italia e, soprattutto, in queste terre di confine, che allora videro i sacerdoti, quasi tutti, internati in Italia, li videro anche tolti dalle scuole e, per tutti, un grande cambiamento dopo l’annessione all’Italia.
 
Lampi di storia qua e là, anche nelle biografie di queste donne, in cui compaiono i momenti critici, del dopo grande guerra, crisi con il fascismo nel 1931, e di nuovo la guerra, con la ricostruzione morale e materiale.
 
Dal punto di vista sociale e culturale, la composizione è varia: molte erano maestre, poi ci sono impiegate, operaie, artigiane e appartenenti al mondo rurale. C’è chi arrivava esule dall’Istria e chi veniva dal meridione; alcune godevano di una buona situazione economica, altre meno; alcune erano nubili ed altre sposate.
 
Attraversano due guerre personaggi emblematici come la baronessa Conchita de Peteani  Attems (1885-1954), nascita triestina, cervignanese di adozione. Della sua elevata posizione sociale fa azione di servizio. Nel suo palazzo nasce la A.C. di Cervignano, che presiederà per un ventennio. Si prende cura dei fanciulli; fonda la S. Vincenzo de Paoli e si occupa di assistenza sociale suona l’organo in parrocchia, e sente la necessità di istituire le “lampade viventi”. Toccante l’accento al fatto che vestisse, volutamente, in maniera dimessa, per non urtare la sensibilità dei poveri che frequentava. Chi legge queste pagine, non potrà fare a meno di visitare con maggiore interesse la cappella Bresciani a Cervignano, dove riposa, accanto al grande e stupendo Crocifisso medievale, che spalanca le braccia anche per lei.
 
Due guerre attraversa Regina Fontanot (1903-1972) di Ronchi: Profuga a Wagna nella grande guerra, poi dirigente di A. C., Era sarta, e fece del suo laboratorio una scuola di mestiere e di vita, alimentata dalla preghiera e dalla sua appartenenza alle Oblate di Cristo Re. I suoi principi brillarono in un momento tragico per l’Italia, dopo l’8 settembre ’43. Come gli uomini di A. C., anche le donne, con lei in testa, a Ronchi, soccorsero, per impulso di don Giovanni Battista Falzari e dei suoi preti, decine di migliaia di soldati italiani che fuggivano dai Balcani e migliaia di Jugoslavi che sciamavano dai campi di concentramenti italiani di Gonars e di Visco, verso il loro paese.
 
Bruna Burba (1920-1964), di Terzo di Aquileia, poi a Papariano, svolse il suo ministero, ad un certo punto dal suo letto di sofferenza: dalla formazione dei piccoli, alla fondazione di gruppi di Volontari della Sofferenza e Unitalsi.
 
“Figlia d’arte”  è Maria Serena Novelli che dedica alcune pagine alla madre, Angela Vicenzini Novelli, novantaduenne, che fu attiva nell’insegnamento alle fanciulle, nel canto, nella carità e che si definisce efficacemente  “missionaria di retrovia”. Si cita Angela, non per piaggeria verso l’Autrice,  ma perché testimonia anche l’importanza e delle fonti orali, che, a volte si sono perse per disattenzione.
 
Esempi di come le donne abbiano coinvolto i familiari, in questi due casi i mariti, o ci sia stato un completamento reciproco, sono Liliana Troncon Brusin di Ruda (1926-2020), impegnata in numerosi ambiti della società, fondatrice, con don Mario Virgulin, dell’asilo parrocchiale di Ruda e insegnante non retribuita; tutto per carità, che non era elemosina! Si trovò con il marito, l’aquileiese Lucio Brusin, maestro e attivo in campo culturale e sociale.
 
I santi non sono soltanto quelli degli altari, sono fra noi; guardiamo a Leda Bevilacqua (1922-1945), maestra, impiegata ai cantieri di Monfalcone: traeva la sua forza dall’Eucarestia. Attivissima all’interno della Gioventù Femminile, fu tra le protagoniste della già ricordata assistenza ai soldati italiani che fuggivano dai Balcani e agli internati jugoslavi. Sospettata di collaborare con la Resistenza, fu deportata dai Nazisti ad Auschwitz e morì nel Lager di Ravensbrück.
 
Conosciamo il suo pensiero, nella tragedia, dal suo diario, in cui scrive fra l’altro: “mi è costato molto il perdonare” e poi “Ho cominciato a bere al calice del dolore e sorretta dall’aiuto divino continuerò fino all’ultimo”. Sappiamo benissimo che cosa succedesse in quei lager, dove lei fu davvero un Angelo consolatore. Questa è davvero santità intera e completa.
 
Altro esempio di totale dedizione al volere di Dio, mutuato da una grande volontà e da un impegno integrale, è stato quello di Giovanna Rizzardo  di Tavagnacco (1917-1994): maestra d’asilo diplomatasi dalle Orsoline a Gorizia, nasce all’impegno nell’ A.C.  nella parrocchia del Duomo a Gorizia, educa i fanciulli della parrocchia (fra loro ci fu il sacerdote diocesano missionario don Michele Stevanato). Terziaria francescana, dopo una vita di lavoro, come appartenente all’Istituto secolare delle missionarie della Regalità di Cristo, partì a 50 anni per il Brasile, operò in diverse località, non solo diffondendo l’adesione alla dottrina cristiana, ma realizzando opere di crescita sociale ed economica per le donne brasiliane. Il suo impegno all’estero durò 26 anni. Morì poco dopo il rientro in Italia per potersi curare, ed è stata sepolta “nel cimitero di Gorizia, nella tomba dei sacerdoti”.
 
Non potendo andare oltre, solo un cenno al fatto che si parla anche di tre donne impegnate nell’Azione Cattolica dagli anni Cinquanta in poi.
 
All’inizio si è fatto cenno alla presenza di queste donne di A. C.  anche nel campo della politica dell’immediato dopoguerra, nei Comitati Civici. Chi fiancheggiassero tali comitati qui non è detto, come non fu esplicito nel dirlo neppure l’arcivescovo Carlo Margotti quando scrisse ai sacerdoti, spingendoli a fondarli nella rovente campagna elettorale del 1948, ma era la Democrazia Cristiana, cui aderirono uomini e donne.
 
Lo fecero per fede e non per calcolo. Del resto, già nel 1928, un giovane Giovanni Battista Montini, sulla rivista della FUCI “Studium”, aveva definito la politica “la forma più alta di carità, perché più vasta ed importante”.
Il “volto femminile  dell’Azione cattolica”: quaranta profili di donne da leggere e, per numerosi aspetti, da meditare.
 
Per info: archiviostorico@azionecattolicagorizia.it
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