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Un modo di essere Chiesa

data di pubblicazione: 02-02-2021

Da «Vita Pastorale». Ac: Laici capaci di vivere con autenticità e originalità la propria esperienza cristiana

di Matteo Truffelli* - «È vitale rinnovare e aggiornare l’impegno dell’Azione cattolica per l’evangelizzazione, giungendo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, in tutte le periferie esistenziali, veramente, non come una semplice formulazione di principi. Ciò implica ripensare i vostri piani di formazione, le vostre forme di apostolato e persino la vostra stessa preghiera, affinché siano essenzialmente, e non occasionalmente, missionari». È l’invito, caloroso e stringente, che Francesco ha rivolto alle Ac del mondo riunite nell’aprile 2017.
Da qui, dalla volontà di prendere sul serio questo invito, è scaturita la spinta che ha portato l’Azione cattolica italiana a rinnovare a fondo il proprio progetto formativo, rivedendo e aggiornando quello che aveva scritto una quindicina di anni fa. Una scelta generata dal desiderio di collocare in maniera ancor più evidente e significativa il proprio impegno formativo nel solco tracciato dal pontificato di Francesco e, insieme, dalla consapevolezza di dover sempre ripensare la propria proposta educativa, per interagire in maniera adeguata con un contesto culturale, sociale e spirituale costantemente in trasformazione.

D’altronde, è ancora Francesco a ricordare che «la realtà è più importante dell’idea», e che questo implica la necessità di «di evitare diverse forme di occultamento della realtà: i purismi angelicati, i totalitarismi del relativo, i nominalismi dichiarazionisti, i progetti più formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza saggezza» (Eg 231). Ecco allora un’altra ragione che ha portato all’aggiornamento del progetto formativo: la necessità di rileggere il tempo in cui siamo immersi per accompagnare tutti coloro che condividono l’esperienza associativa a rivolgere al mondo uno «sguardo contemplativo», capace di scoprire «quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze» (Eg 71). Occorreva dire con più forza il bisogno di educare questo sguardo, con un linguaggio più corrispondente a questo modo di pensare la storia, l’esistenza delle persone e della società.

L’idea di fondo che ha guidato l’opera di aggiornamento del progetto formativo di Ac è stata dunque quella di assumere le coordinate del magistero pontificio, per affinare e consolidare la tensione di tutta l’associazione a formare laici capaci di contribuire alla costruzione di una Chiesa più missionaria, più fraterna, più sinodale. Laici che, al tempo stesso, avvertano in maniera chiara che lo spazio in cui mettere in gioco la propria responsabilità, la propria coscienza formata, è innanzitutto quello della quotidianità dell’esistenza, in famiglia, nel confronto culturale, a scuola e al lavoro, nelle pieghe della società, in politica. Insomma, nel mondo: l’obiettivo fondamentale della proposta formativa dell’associazione, si legge nella parte centrale del progetto, è quello «di accompagnare i suoi aderenti a essere laici capaci di vivere in modo autentico e originale la propria esperienza cristiana nella storia».

L’architrave su cui poggiare l’intera revisione del progetto formativo è stata allora individuata nella categoria dei «discepoli-missionari». La proposta formativa dell’Ac si fonda infatti sulla convinzione che abbiamo tutti bisogno, sempre, di saperci e farci discepoli, e perciò di continuare a formarci, per non deformarci. Bambini e adulti, giovani e meno giovani, tutti necessitiamo di essere accompagnati in un cammino che non ha mai fine (cf. Eg 121). E tutti, al contempo, siamo chiamati sempre, da subito, a saperci e farci missionari. Poiché «se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù» (Eg 120). Tutti, a ogni età e in ogni condizione di vita: anche i piccoli, anche i giovanissimi, anche gli anziani.

L’esperienza formativa che si vive in associazione non va dunque intesa come un “periodo di preparazione”, più o meno lungo, più o meno “abilitante”, dopo il quale viene la missione. La formazione deve essere già in sé missionaria e la missione deve essere sempre vissuta come esperienza formativa: «in associazione tutto è pensato, proposto e vissuto perché sia allo stesso tempo formazione e missione» - si legge in un altro passaggio decisivo del progetto formativo - «dagli incontri in parrocchia alla presenza significativa nella città, dal sostegno alle persone più fragili alla costruzione di alleanze con altre realtà. Non esiste percorso di formazione proposto dall’Ac che non rilanci l’impegno missionario, limitandosi a un’eterna preparazione. Allo stesso tempo non esiste impegno missionario proposto dall’Ac che non sia vissuto e riletto come momento formativo, limitandosi a un’esperienza estemporanea».

Infine vale la pena sottolineare un’altra componente fondamentale. La convinzione, cioè, che il grembo dentro cui una simile esperienza formativa e missionaria può germogliare, crescere e maturare non può che essere la stessa vita associativa. La proposta avanzata è infatti una proposta comunitaria, non individuale, popolare, non elitaria, che si radica dentro un percorso di condivisione, di corresponsabilità sinodale, in cui l’essere associazione rappresenta non solo un dato strutturale e organizzativo, ma un modo di essere Chiesa, un modo di pensare il nostro stare nel mondo. Da fratelli, che sanno di essere gli uni i custodi degli altri.

*Presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana. Articolo pubblicato sulla rivista «Vita Pastorale» (n.2- febbraio 2021), il mensile per operatori pastorali edito dalla San Paolo.