Le testimonianze che abbiamo raccolto tra i partecipanti sono di gioia e di felicità, è stata oltre che una grande esperienza associativa, anche un grande incontro intergenerazionale di ragazzi, giovani e adulti, ma soprattutto una esperienza di Chiesa.
Dei giorni dell’assemblea, poi, portiamo nel cuore l’incontro con il Cardinal Zuppi che nella sua omelia ha sottolineato due aspetti, “la Chiesa non può esistere senza i laici”, “essere umili non significa essere minimalisti”.
Una dimensione quella del laicato che va assolutamente ribadita e riaffermata. In particolare, in tal senso colpiscono alcuni passaggi che recentemente Papa Francesco ha fatto in merito alla Chiesa ed al grande pericolo del clericalismo: “Il clericalismo è una perversione, ma quando il clericalismo entra nei laici, è terribile”. “Il Sinodo – riprende Papa Francesco - ci chiama a diventare una Chiesa che cammina con gioia, con umiltà e con creatività dentro questo nostro tempo, nella consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e abbiamo bisogno gli uni degli altri”.
E quale, allora, migliore palestra di laicità che l’Azione cattolica? La Chiesa è l’esperienza cristiana non è “pizzi e merletti” ma il risultato di un incontro e soprattutto di una esperienza di testimonianza e di presenza. Essere cristiani non è solo essere buoni parrocchiani, andare a Messa, ma è raccontare il proprio incontro con Cristo in tutti i luoghi, senza nasconderci o vivere una pseudo umiltà che, come appunto ci ha ricordato il Cardinal Zuppi, non è minimalismo.
La nostra AC diocesana coi suoi oltre 500 associati (quest’anno siamo cresciuti del 7%) è presente in 13 parrocchie o associazioni territoriali. Non siamo pochi. Il primo spazio di impegno è dunque il nostro territorio, le nostre comunità. Dobbiamo dare nuovo impulso a questo livello, perché è lì che si vive la popolarità dell’associazione, e lì che possiamo rigenerare il tessuto associativo. Si tratta di prendere l’iniziativa, aprirsi al mondo che ci circonda, trovare spazi inediti di presenza e sperimentare vie nuove per andare oltre l’indifferenza religiosa, senza paura di affrontare temi scomodi o poco dibattuti.
A volte si ha il timore che stringere alleanze porti con sé una perdita di identità. Io penso che sia vero il contrario. Quando, a momenti specifici di vita associativa, sappiamo affiancare esperienze di cammino condiviso con altre realtà dentro e fuori la Chiesa, allora l’associazione può dare il meglio di sé. Dobbiamo avere la consapevolezza che questo tempo va attraversato insieme e il fare alleanze è la direzione giusta.
Durante la pandemia, la rete di relazioni dell’Ac si è lacerata, ma non si è strappata, ha retto. Ora si tratta di ricucirla dove ha ceduto e. soprattutto. rinforzarla proponendo l’esperienza AC dove non c’è.
Non neghiamocelo: i problemi ci sono. Accanto a persone che con entusiasmo ritornano agli incontri in presenza, perché non vedevano l’ora di poterlo fare, vediamo la fatica di tanti che invece esitano a uscire di casa, a riprendere ad impegnarsi e a partecipare. Per questo è importante cercare le persone una ad una e ridare a tutti, luoghi e opportunità per frequentarsi.
Nella logica che Papa Francesco ci ha indicato quelle con l’abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva, l’abbraccio che cambia la vita. Accompagniamoci allora con un bel verso tratto da una canzone di Renato Zero, dal titolo a Braccia aperte, che ci associa in quello che è un affidamento famigliare:
Una sera di queste mi riprendo il coraggio e torno là
Che mi manchi davvero, vita mia
Le mie radici, la mia coscienza
A braccia aperte rincontrati è un piacere, libertà
A braccia aperte, col sorriso e un po' più di umanità