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Gli amici di Piazzutta dell’Azione Cattolica

autore: Guido Marziani | fonte: Voce Isontina
data di pubblicazione: 06-08-2020

Ricordi goriziani degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso

Riprendo il filo dei ricordi Goriziani avviato da queste pagine ormai da tempo.

Naturalmente a Gorizia ho avuto altri amici oltre a Bruno Calderini e Berto Medeot, meno intensamente vicini, ma ugualmente cari. Qui desidero ricordare tra loro quelli che mi furono i più preziosi, gli amici di Piazzutta, ragazzi e giovani. Tutti facevano parte dell’Azione Cattolica, i primi, andavano dai 12 ai 15 anni, erano gli "Aspiranti", i secondi erano i più grandi, gli "Juniores", quasi tutti miei coetanei. Personalmente, oltre che far parte del gruppo giovanile, avevo il compito di occuparmi dei più piccoli, in qualità di loro "Delegato". Tra coloro che avevano più o meno la mia età, il più giovane era Egidio Marega, uno che assiduamente seguiva le attività dell’associazione. Lo ricordo mentre discuteva con noi più grandi, capace di ascoltare, ma anche di dire la sua, sempre in modo appropriato e allegro. Si presentava infatti, simpatico e cordiale, assai premuroso, molto disponibile, stare con lui ci gratificava.

Chi l’accompagnava più spesso era l’Edo Ferfoglia, se non altro perché erano vicini di casa. Quest’ultimo risultava tra noi il più avanti in età ma anche il più sportivo e per questo era lui che organizzava le gare e i tornei che animavano il mondo giovanile di Piazzutta. Tra le sue pratiche di sportivo si possono annoverare anche le corse che faceva con me, Aldo e Pierin al ritorno dalla nostra giornata a Grado: volevamo vedere chi arrivava primo in Piazzutta! Neanche a dirlo: arrivava primo lui, seguito dai due inseparabili Aldo e Pierin, che appaiati arrivavano secondi, buon terzo mi piazzavo io. Bruno, che pure faceva parte del nostro impareggiabile quintetto, non partecipava alla tenzone e se ne tornava con tutta calma, ironizzando sulla nostra folle corsa finale durante un viaggio non breve e di certo faticoso.
Per tornare alle cure dello sport parrocchiale da parte dell’Edo, quelle che organizzava erano gare di ping-pong o accanite partite di calciobalilla: le sole sfide sportive che potevamo offrire ai ragazzi che frequentavano la nostra sempre affollata sala-giochi. Il ritrovo si apriva nel tardo pomeriggio e rimaneva aperto fino a sera, con lui in mezzo alla folla dei giocatori, con carta e penna in mano per tenere presenti partite e risultati.

I premi per i vincitori non erano certo consistenti: ci si accontentava della vittoria e tutt’al più si poteva ricevere un diploma o venire immortalati in qualche manifesto appeso alla parete d’onore della sala che ci ospitava. Nonostante tutto l’allegria e la gioia non mancavano, anche se alle volte sorgeva qualche vivace contrasto, sempre comunque composto dal saggio intervento arbitrale del nostro impareggiabile addetto allo sport.

Edo abitava in Piazzutta, era il figlio del negoziante degli alimentari che si trovavano alla fine della piazza, sulla destra per chi voleva attraversare il ponte sul Corno, qualora si fosse avviato verso la città.
Nel periodo in cui abitavo in Piazzutta, qualche volta andavo a comprare nel negozio dell’amico, così ebbi modo di conoscere suo padre, persona seria e compita, competente riguardo ai prodotti che offriva, un pò burbero ma capace di porgersi ai clienti con gentilezza e dovuto modo. Sempre nella piazza, di fronte al negozio di alimentari, se ne apriva uno di frutta e verdura. Lo gestiva una signora molto gentile: quando, durante l’occupazione titina, passò per Piazzutta un drappello di soldati, male in arnese e piuttosto affamato, si mosse a compassione e diede a ciascuno dei militari un pugno di ciliegie. Una donazione preziosa per allora, che venne infatti particolarmente apprezzata e subito divorata dagl’interessati! La fruttivendola aveva anche un figlio, fra gli Aspiranti, che frequentava volentieri il nostro gruppo, con grande gioia e soddisfazione della mamma. Madre e figlio abitavano proprio sopra al negozio, a poca distanza dalla nostra sede parrocchiale.

Altri Aspiranti vivevano nella piazza e nelle vie adiacenti. Alcuni di loro li ricordo in particolare: ne ho ben presente uno che veniva da Riva Piazzutta ed aveva una mamma molto apprensiva, che s’interessava sempre di lui e accorata me lo raccomandava. A volte andavo a casa di un altro dei nostri ragazzi: la sua famiglia era povera, d’inverno i suoi facevano fatica a riscaldarsi con una modesta stufetta, tanto che quando potevo portavo loro del carbone naturalmente in abbondanza in una famiglia di ferrovieri come la mia.

Nella piazza invece, all’inizio della salita di via Della Scala, abitavano i Magnarin, una prolifica famiglia i cui figli frequentavano la parrocchia. Il più grande, ormai giovanotto, ci aiutava a seguire il gruppo e, quando si faceva qualche uscita straordinaria, si affiancava a noi come aiutante. Alla sommità della via Della Scala risiedeva un altro dei nostri ragazzi: a lui regalai, al momento di andare via da Gorizia, tutte le statuine e le altre componenti che mi servivano per fare il presepio. Tanti piccoli amici, gli Aspiranti di Piazzutta, carissimi, indimenticabili!

Tra loro chi mi fu particolarmente accanto fu Gino Carli: abitava proprio sotto il campanile della chiesa, a due passi dalla sede associativa. Con lui stabilii un’amicizia che durò anche quando lasciai Gorizia: venne a trovarmi a Rimini durante il suo viaggio di nozze e in occasione di un campionato di ping-pong. Oggi qualche volta ci telefoniamo come succede anche con qualche altro ex, che si ricorda ancora del passato trascorso assieme.

A proposito di Gino, ebbi modo di conoscerne anche la famiglia, specialmente suo padre. Avevo occasione d’incontrarlo, dal momento che aggiustava le biciclette nell’officina al pianterreno dell’abitazione familiare.

I ragazzi che abitavano nella zona di Piazzutta non erano naturalmente i soli che partecipavano alla vita della parrocchia.

Tra quelli che venivano da fuori due mi sono rimasti ben presenti: uno veniva da via Dei Campi ed un altro abitava dalle parti di via Ascoli.

Pur non risiedendo vicino alla nostra sede, erano molto assidui alla vita dell’associazione. L’amico della zona più vicina al centro-città, Aspirante di allora, lo ritrovai in seguito, diventato uno dei segretari del liceo scientifico goriziano presso il quale ero stato inviato come commissario all’esame di maturità: un incontro per me molto gratificante, pieno di belle memorie!

Naturalmente le amicizie più profonde furono quelle con i giovani dell’associazione che avevano la mia età, soprattutto con Aldo Lipizer e Pierin Grusovin oltre naturalmente a quella specialissima con Bruno Calderini. Bruno è stato l’amico più grande che ho avuto: fu lui che mi portò in parrocchia e mi fece conoscere il mondo giovanile di Piazzutta.
Di Bruno, ho già a suo tempo scritto, dell’Edo e dell’Egidio ho già raccontato qualcosa, ora vorrei ricordare Aldo e Pierin.

Aldo abitava con la famiglia in Piazzutta ed aveva un fratellino, che spesso lo accompagnava. Il padre possedeva un negozio di merceria in via Carducci: era una persona assai a modo, fine e cordiale, sicuro dominatore del proprio lavoro, gentile e disponibile, elegante non solo nell’atto di porgere sé stesso ma anche nel modo di vestire, come del resto appariva suo figlio. Aldo infatti, si presentava sempre compito, certamente il più raffinato tra noi, inoltre il più abituato e capace a vivere e muoversi nel mondo. Era lui che nelle nostre uscite ci guidava alla meta, conoscendo i posti, persino i locali dove ci si poteva fermare. Sapeva bene cosa ordinare per le nostre merende, ben conosciuto ed apprezzato da noi quale buongustaio di classe.

Quando ci recavamo a Grado, prima di giungere alla spiaggia, nel momento di fare colazione, stranamente spariva: scoprimmo che se ne andava a cercare e gustare le banane! Segno di distinzione: si cibava di un frutto a quel tempo aristocratico, non certo facilmente abbordabile dai suoi poco facoltosi e aggiornati amici. In occasione di una nostra discesa dal Lussari, quando ci fermammo nel primo luogo di ristoro incontrato, noi ordinammo la solita birretta lui invece un "chinotto", bevanda ai noi fino a quel momento completamente sconosciuta.

Amico carissimo Aldo, anche durante il grande giro ciclistico nella Carnia e sulle Dolomiti: era lui che condivise con me e Bruno i due materassi e la sola coperta elargitici per la fredda notte di Sappada. Con lui vivemmo anche le altre avventure del viaggio sui pedali e tra i monti, rinsaldando ancora una volta un’amicizia ormai diventata davvero fraterna.

Ebbi modo d’incontrarlo anche quando ormai era diventato un importante dottore nell’ospedale goriziano. Trovandomi a seguire come commissario gli esami di maturità al liceo scientifico della città, ad un certo momento non mi sentii bene e corsi da lui per farmi stilare un certificato medico. Ormai, a quel tempo, il nostro compagno di gioventù aveva messo su famiglia, sposandosi con una delle compagne di liceo, la Gregoric, anche lei brillante dottoressa. Qualche anno fa ci ha lasciato improvvisamente e davvero troppo presto.

L’altro amico del gruppo parrocchiale che mi risultò più congeniale e vicino fu Pierin Grusovin.

Lo conoscevo bene: abitava in via Orzoni, la strada che percorrevo abitualmente tra Piazzutta e casa mia, in via Caprin e per recarmi a scuola dai Salesiani. Ricordo bene casa sua, con il cortile dal cui portone vedevo uscire il padre con il carro e i buoi: la sua era una famiglia di agricoltori che possedeva dei campi verso l’Isonzo. Al pianterreno, nella cucina, mi intrattenevo con la mamma mentre al primo piano andavo a salutare la nonna: era costretta a letto perchè soffriva di una grave artrite deformante. Al piano di sotto, oltre alla cucina, c’era una stanza che dava sulla via Orzoni, sulla strada si apriva una finestra: d’estate, trovavo il fratello di Pierin, sempre intento a leggere, sul davanzale, alcune riviste che si riferivano agli eventi della seconda guerra mondiale avvenuti da poco (si era nel 1946-48). Un argomento che aveva molto interessato anche a me.

Anche Pierin era presente nell’indimenticabile notte di Sappada, durante il famoso tour delle Dolomiti. Quella notte ricoprì un ruolo speciale, non solo perché ebbe la fortuna di usufruire di una specie di letto, un vetusto giaciglio di ferro, ma soprattutto perché seppe farlo cigolare a modo. Comunque, per me, Aldo e Bruno, che non molto distanti cercavamo di dormire, quel suonò rappresentò una dolce ninna nanna. Per fortuna, il giorno dopo dimenticammo tutto: ci avevano liberati dall’incubo notturno la messa del mattino e l’incanto del panorama che ormai si riapriva davanti a noi. Riprendemmo la marcia con rinnovata lena, ma con meno entusiasmo: noi quattro laici eravamo pensierosi e un po’ avviliti. Ci rodeva il pensiero che avremmo dovuto interrompere a breve la nostra entusiasmante cavalcata montana: don Cesco, che ci accompagnava, doveva tornare a Gorizia! Perciò, dopo una sosta a Misurina, una passata per Cortina e un salto a Belluno, puntammo sulla via di casa. Arrivati a Pordenone accomodammo le bici sul treno, avremmo terminato il nostro viaggio in piena comodità. Con Pierin ho vissuto altre due speciali avventure, questa volta in esclusiva tra noi. La prima fu quando salimmo a salutare i soldati del presidio che era stato allestito sul versante del Sabotino ancora italiano.

L’altro momento ugualmente vissuto fu quello del viaggio a Roma. Eravamo nel 1950, si annunciava la solenne proclamazione dell’Assunzione, noi dell’associazione volevamo essere presenti all’eccezionale evento. Valutammo con gli amici la cosa, alla fine gli unici due che risultarono in grado di recarsi a Roma, furono Pierin ed il sottoscritto. All’inizio di novembre partimmo in treno da Gorizia, zaino in spalla: pioveva e faceva piuttosto freddo. Dopo un tranquillo viaggio notturno ci accolse a Roma una piacevole sorpresa: una bellissima alba di sole con un tepore veramente gradevole. Dopo la visita a chiese e monumenti, quando giunse l’ora stabilita per il grande momento, che si sarebbe celebrato in piazza San Pietro, raggiungemmo puntuali il posto fra una folla immensa. Sentivamo di aver rappresentato gli amici che avrebbero voluto venire con noi e che avevano seguito alla radio l’avvenimento.

Partiti da Roma, nel viaggio di ritorno decidemmo di compiere una deviazione ad Assisi, un luogo mistico che non potevamo trascurare, data l’occasione. Qui ci ricreammo ancora una volta l’anima, nel commosso ricordo del grande santo che andammo ad onorare nei luoghi a lui dedicati. San Francesco: tanto povero nelle cose materiali ma così ricco di vita divina da riempire il nostro spirito e quello di tutti coloro che si accostano a lui!

Con Pierin rimasi in contatto anche quando me ne andai da Gorizia. Nel momento nel quale tornai nella città come commissario d’esame alla maturità del liceo scientifico, fu lui che più mi seguì. Lo trovai al mio arrivo alla stazione che mi aspettava con la sua macchina: a casa sua ebbi modo di conoscere sua moglie e le figlie. Nel resto del soggiorno ritrovammo gli amici di un tempo, rievocando i momenti più significativi del nostro passato. Fu l’ultimo incontro con Pierin, la persona che tra gli amici di Piazzutta mi risultò più congeniale. Il nostro sentire tanto in comune me lo rese, e me lo fa, più caro che mai.
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