«Gaudet mater ecclesia», ovvero gioisce la Madre Chiesa, con queste parole, oltre 60 anni fa, l’11 ottobre del 1962 papa Giovanni XXIII apriva il Concilio Vaticano II. Si è trattato indubbiamente di uno degli eventi più importanti del secolo scorso, un appuntamento che ha permesso alla Chiesa un significativo “salto in avanti” rispetto ai tempi moderni e senza del quale è impossibile oggi dirsi cristiani calati nel nostro tempo.
Detto ciò, qualche tempo fa, durante un colloquio proprio su questo argomento, alla domanda, ma che cosa è per te il Concilio mi sono sentito rispondere: “un esame”. Ancora oggi a distanza di qualche tempo continuo a domandarmi se quella risposta fosse semplicemente una battuta, per alleggerire il ragionamento oppure un drammatico percepito. Ma ancor di più mi sono domandato quanto l’idea ed i contenuti del Concilio Vaticano II siano “transitati” nel nostro essere comunità cristiana oggi, oppure siano rimasti soltanto un esame. Quanto poi il Concilio è conosciuto e praticato dal “popolo di Dio” (LG 13) dai Sacerdoti e dai laici, lo abbiamo mai studiato, letto, ma soprattutto quanto lo viviamo?
Ed Il Sinodo, di questo, è un perfetto tornasole. In primo luogo, ancora più del contenuto e della struttura del Concilio personalmente mi appassiona lo stile, l’atteggiamento con il quale fu allora affrontato e vissuto. Si intravede una grande gioia ed una profonda passione, il senso del saper cogliere le sfide a viso aperto. Una Chiesa che allora fu capace di liberarsi, ripartire riscoprendo il suo essere capace di «rimettersi in viaggio e parlare con la gente». (Benedetto XVI nel 50° anniversario del Concilio Vaticano). Un atteggiamento, questo, che dovrebbe segnare anche il nostro percorso Sinodale e che, in fondo, potrebbe sintetizzarsi nel “rimettersi in gioco con gioia”.
Comunione, partecipazione e missione sono i termini che papa Francesco ha in tal senso voluto rimarcare da sempre per il percorso sinodale; parole chiave del Sinodo che però sono anche e soprattutto parole conciliari. Quale allora la sfida per le nostre comunità e per la nostra Associazione.
L’AC, ricca di una storia centenaria, fu allora, al tempo del Concilio, protagonista del cambiamento nella società e nella Chiesa italiana e così come ieri anche oggi deve essere propulsiva e positiva, nel cammino sinodale, attraverso alcuni atteggiamenti che oggi come allora diventano fondamentali.
Dialogo: Vogliamo essere persone di dialogo, aperte, cordiali, interessate, disposte a crescere e a imparare dall’incontro con gli altri;
Responsabilità e partecipazione: Il laico di Azione Cattolica è una persona che non si tira indietro da nessun impegno perché si sente responsabile della vita della comunità cristiana così come del suo ambiente di ogni giorno;
Fiducia: Lo stile di vita in Ac è improntato a quella speranza che si fa atteggiamento di fiducia davanti alla vita: non a un ottimismo superficiale e ingenuo, ma alla speranza cristiana, che crede che la nostra vita di ogni giorno, così come la storia umana, siano i luoghi in cui, misteriosamente, è presente lo Spirito del Signore Gesù.
Nella sua ultima intervista rilasciata prima di morire nel 2012, il cardinale Martini concludeva con una domanda al suo intervistatore: «Che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».
Immaginiamo allora che questa possa essere “la domanda” rivolta a ciascuno di noi e impegniamoci tutti a risvegliare le nostre coscienze di fedeli laici, perché ognuno si possa prendere la proprie responsabilità in una Chiesa più che mai Conciliare, nella consapevolezza che, come ce lo ricorda sempre il nostro assistente unitario don Michele, “Ecclesia semper reformanda”.