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Intervista di Selina Trevisan al presidente diocesano uscente Paolo Cappelli

autore: Selina Trevisan
data di pubblicazione: 10-02-2024

Domenica 18 febbraio, l’Azione cattolica diocesana vivrà a Romans d’Isonzo la propria assemblea elettiva. Un’occasione preziosa di bilancio ma anche di programmazione per i prossimi anni. Riproponiamo qui il testo dell’intervista pubblicato sul numero 5 di febbraio 2024 del settimanale “Voce Isontina”

Siamo arrivati alla fine del tuo mandato come presidente di Azione Cattolica diocesana. In questi anni sono state diverse le "sfide", anche impreviste, che si sono dovute affrontare.
Puoi tracciare un bilancio di questi anni?
 
Sono stato nominato Presidente diocesano a febbraio del 2020, qualche giorno prima del lockdown, non mi sarei mai immaginato di vivere una situazione di quel tipo: siamo un associazione che fonda il suo essere sui gruppi,  quindi sull’incontro, ci siamo dovuti completamente ripensare dal punto di vista organizzativo, attraverso l’utilizzo della rete, dei social.
 
Sono stati mesi abbastanza complicati, anche perché si stava avviando il nuovo triennio, non sono stati momenti facili, ma ho sempre pensato che quella inedita situazione apriva nuovi scenari e nuove sfide dentro e fuori alla AC, nella Chiesa e nella società.
 
Ci siamo riorganizzati scoprendo nuovi canali di comunicazione, aprendo un sito, un canale YouTube, e realizzando una newsletter che ancora oggi settimanalmente raggiunge tutti i nostri associati.
 
Se devo tracciare un bilancio posso dire che,  per quanto mi riguarda, è stato estremamente positivo, ci siamo dedicati ad approfondire in particolare temi legati alla cultura ed alla società; proprio in quello che è il compito della nostra associazione: formare coscienze di laici corresponsabili.
 
Oggi, in particolare come credenti, siamo chiamati a rispondere alle grandi sfide ed ai cambiamenti che il mondo e l’uomo contemporaneo chiede in quello che è lo spirito che troviamo nella prima lettera di Pietro: rendete conto della speranza che è in voi, a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni.
 
E lo abbiamo fatto, ospitando molti esperti ed offrendo a tutta La Diocesi delle belle opportunità di approfondimento. Tra le tante, voglio ricordare una delle prime iniziative: l’interessante ciclo di incontri organizzati, allora online, con la nostra Diocesi, dal titolo “Una crisi da non sprecare, dialogo sulla Chiesa”.
 
E poi tra le tante cose vorrei ricordare la bella iniziativa culturale a cura del settore, adulti Vespri d’arte, che attraverso la recita dei vespri ci hanno accompagnati a riscoprire piccoli tesori d’arte, contenuti nelle Chiese della nostra diocesi.



Parliamo del Sinodo. Come si inserisce l’AC diocesana, con il suo itinerario, nel cammino sinodale, tanto della Chiesa diocesana, quanto di quella italiana?
 
L’azione cattolica è Sinodale nel suo essere, proprio per il suo stile di vivere le relazioni tra laici, e tra i laici ed i sacerdoti. Il Sinodo, per quanto mi riguarda rappresenta una grandissima opportunità di ripensare e riscoprire il nostro essere Chiesa riscoprendo lo spirito, oggi un po’ sopito, del Concilio Vaticano II: dobbiamo assolutamente smettere di vivere il nostro essere cristiani con la capacità di leggere i segni dei tempi, ma soprattutto mettendo da parte atteggiamenti di nostalgia del passato, pessimismo e fatalismo, che proprio non dovrebbero trovare spazio nel vocabolario di chi si dice cristiano.
 
Le nostre associazioni e le nostre parrocchie non possono essere delle ridotte fortificate dove rifugiarsi, per sfuggire alle domande che l’uomo contemporaneo pone.
Importante a mio avviso il ruolo dell’AC nel formare laici non solo responsabili, ma soprattutto corresponsabili: siamo in tal senso laici e clero chiamati a vivere una Chiesa nella logica della Lumen gentium.
 
Una Chiesa vista non tanto in forma gerarchica (papa, vescovi, presbìteri, diaconi e laicàto) quanto come popolo di Dio, dove centrale è il battesimo comune denominatore di tutti i cristiani; e poi ci sono i ruoli.
 
Se mi è permesso usando una metafora vorrei dire che questo non può e non deve essere il tempo dei " frenatori" o dei "controllori", quanto piuttosto un tempo di gioia, speranza e di sogni, un tempo insomma di una Chiesa in uscita.
 
 
 
Tra gli appuntamenti prossimi, anche quello con la Capitale Europea della Cultura. AC diocesana, con la sua storia ormai più che centenaria, certamente rappresenta uno spaccato culturale importante. Come può contribuire a questo rilevante appuntamento?
 
Gorizia 2025 è una eccezionale occasione Per Gorizia, ma anche per tutto il territorio provinciale e diocesano. Come Azione cattolica abbiamo proprio festeggiato nel 2022 il nostro centenario.
 
Un percorso entusiasmante che, attraverso una sistemazione dei nostri archivi diocesani, grazie a due consecutivi interventi del Ministero dei beni culturali, la realizzazione di tre volumi sui protagonisti di 100 anni di AC, una serie di incontri sul territorio, ma soprattutto una mostra, esposta anche in Consiglio regionale, ci ha permesso di riscoprire il grande contributo che l’ AC, ma più in generale il mondo cattolico ha dato a questi 100 anni di storia locale.
 
Se oggi siamo arrivati a Gorizia 2025 lo dobbiamo soprattutto a molte nostre figure,
tra le molte voglio ricordare il Sindaco Martina a cui abbiamo dedicato un Convegno proprio nel 2022.
 
Mi piace pensare che forse, se avessimo maggiore consapevolezza di ciò,  potremmo accompagnare il nostro mondo fuori da una sudditanza culturale in cui spesso si trova. Il frutto di questo percorso è stata la nascita della Città dell’uomo, un associazione culturale che ha come obiettivo proprio quello di approfondire questi temi, in una logica di campo largo.
 

 
Il tuo mandato termina ma il percorso di AC diocesana prosegue a grandi passi. Quali tracce da percorrere e quali i futuri impegni e le idee che AC diocesana vorrebbe sviluppare?
 
Tante sono le sfide, in primo luogo metto il consolidare la dimensione Diocesana nella consapevolezza che insieme si fa meglio e di più.
L’apertura di nuove esperienze associative dove non siamo presenti: questo non è il tempo di chiudere, ma di aprire, non ci possiamo accontentare; come associazione dobbiamo fare nostro lo spirito di Armida Barelli: impossibile, allora si farà’.
Come AC, mi piace ricordarlo ai nostri Sacerdoti, siamo una bella opportunità, perché non approfittare.
 
La formazione delle coscienze: riaccompagnate i cristiani alla riscoperta del bene comune.
E, concludendo, i Giovani, non un problema, ma una opportunità: insomma, abitare bene, e con fecondità, il mondo!
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