Nelle prossime settimane tutti saremmo chiamati al voto per il rinnovo del Parlamento Europeo, alcuni poi voteranno anche per le amministrative. Il voto rappresenta un passaggio fondamentale nelle società che si caratterizzano per essere democratiche.
È il momento nel quale ogni cittadino è chiamato a fare le scelte che poi orientano le politiche e la vita quotidiana per gli anni successivi. Sicuramente la politica ed i politici non stanno vivendo momenti di grande notorietà, ma anzi spesso sembra che si impegnino a dare il peggio di sé, attraverso prese di posizioni e comportamenti che poco hanno a che fa con il fine ultimo della politica che è il buon governo e il bene comune.
Viviamo indubbiamente in una società estremamente complessa e controversa ed articolata, che però paradossalmente ci conduce continuamente a scelte di semplicismo, nella logica del con me o contro di me, in un permanente conflitto segnato dalla contrapposizione da ultras da stadio. I numeri di coloro che esercitano il diritto (o dovere) al voto ogni anno si riducono, e a votare rimangono i tifosi.
La maggioranza che qualche decennio fa qualcuno ha definito “silenziosa” rimane a guardare spesso con disillusione e senso di frustrazione, a vivere una situazione che pare non avere soluzione. Qualcuno pensa che il problema possa essere tecnico, la modalità del voto, la preferenza, il premierato. Ma nonostante continue rettifiche, la partecipazione si riduce sempre più, avviando la nostra società a una partecipazione alle elezioni sotto il 50% degli aventi diritto. I sociologi ci raccontano anche che a mancare nei processi partecipativi sono proprio le fasce di popolazione con maggiori bisogni.
Ed allora che cosa fare? Ci dobbiamo rassegnare ad una lenta e graduale perdita di senso della politica e della democrazia oppure possiamo impegnarci ad invertire questa situazione. Proviamo a prendere in mano il nostro Progetto formativo e vediamo cosa ci dice: “Dio ci vuole responsabili della città degli uomini, cioè del contesto umano organizzato di cui siamo parte, che ci è dato come dono e come compito. (…) Essere cittadini significa conoscere e comprendere il nostro tempo nella sua complessità, cogliendo significati e rischi insiti nelle trasformazioni sociali, economiche e politiche in atto, assumendo l’atteggiamento di chi queste trasformazioni non si limita a rifiutarle o a celebrarle in maniera acritica, ma le affronta come frutto del proprio tempo, ponendosi in esse e lavorando per indirizzarne gli sviluppi.”. – “Nel mondo non del mondo”.
È necessario allora riscoprire il valore del “I Care” che è la risposta del cuore al me ne frego, non mi interessa. In una società plurale e complessa come cristiani siamo chiamati ad abitare i luoghi dando ragione della speranza che è in noi, e lo possiamo fare solo attraverso la formazione, lo studio e l’approfondimento, riscoprendo il valore delle parole; uscendo dai recinti che ci siamo costruiti ed in cui spesso ci siamo voluti rinchiudere.
Nelle nostre città c’è bisogno di rieducare i cittadini al senso e al valore della loro cittadinanza. C’è bisogno di ritrovare modalità di partecipazione consapevole ed attiva, se vogliamo vivere una stagione politica nuova. Acquisiamo la capacità di costruire nelle nostre comunità, pratiche partecipative finalizzate al reale coinvolgimento dei cittadini nelle più importanti decisioni amministrative. Sentiamo in noi il dovere di impegnarci a formare nei nostri percorsi associativi cittadini sensibili, che garantiscano un reale contributo alla vita e al futuro della propria città.
Scegliamo allora con criterio candidati, capaci di incarnare il bene della politica, inclusivi e non divisivi, non seminatori di odio e di paure, ma capaci di costruire una società solidale ed attenta ai più deboli.