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XIV Domenica del T.O. - Mt 11, 25-30

data di pubblicazione: 08-07-2023

Il commento al Vangelo della domenica di don Giovanni De Rosa

Cristo benedicente - Raffaello (Public domain, via Wikimedia Commons)
Cristo benedicente - Raffaello (Public domain, via Wikimedia Commons)
In questa domenica ci troviamo davanti alla benedizione che Gesù innalza al Padre e all’invito ad andare da lui, quando siamo stanchi, affaticati ed oppressi.
 
Gesù si fa per ciascuno di noi Maestro di vita e di preghiera. La condivisione del suo giogo dolce e soave, che quanto più è condiviso con i fratelli, con la preghiera, con il lavoro, per costruire il Regno di Dio.
 
Per qualcuno di noi non sa nemmeno più (visto i tempi cambiati) che cos’è un giogo. Esso in genere viene usato per trasportare qualcosa di pesante in due o più, mai da soli.
 
E Gesù oggi ci dice che è venuto a prendere il nostro giogo. Cioè tutto quello che ci appesantisce e rende difficile la nostra esistenza, tutto quello che ci fa provare la fatica di andare avanti, giorno dopo giorno.
 
Gesù si è fatto uomo proprio per questo, per condividere la nostra fame, la nostra sete, le nostre malattie e i nostri smarrimenti, le nostre fragilità. Nulla gli è ignoto della nostra condizione umana.
 
Ma addirittura oggi ci dice che non è venuto solo per conoscerle ma per condividerle con noi, cioè Lui ha fatto esperienza per primo. E perché lo ha fatto? Perché ha compreso che se fossimo lasciati da soli rischieremmo di lasciarci vincere dalla tristezza e dallo scoraggiamento oppure di crollare.

Gesù è venuto e viene per starci accanto per sostenerci: per guarirci, per ridarci forza… ecco perché il giogo è dolce ed il suo peso leggero… non perché i pesi svaniscono, ma perché Lui se ne carica assieme a noi.
E allora oggi nasce così la sorgente della solidarietà cristiana dove ci si accorge dei drammi di tanti fratelli e sorelle e tentare di condividere le loro fatiche e le loro sofferenze, come Gesù ha fatto e sta facendo con noi.
Perché diciamocelo pure davanti al Signore siamo tutti “piccoli”, altrimenti allora saremmo superbi.