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Passare all’altra riva

autore: Paolo Cappelli
data di pubblicazione: 06-12-2021

Una trasformazione che osa andare oltre la geografia delle distanze, oltre la dialettica vicini-lontani, un invito a sentirsi insieme inviati ad annunciare il Vangelo, che ancora oggi è per tutti

"Questo è il nostro compito: quello di essere seme buono e valido"
"Questo è il nostro compito: quello di essere seme buono e valido"
“Voi laici di Azione cattolica potete aiutare la Chiesa tutta e la società a ripensare insieme quale tipo di umanità vogliamo essere, quale terra vogliamo abitare, quale mondo vogliamo costruire. Anche voi siete chiamati a portare un contributo originale alla realizzazione di una nuova ‘ecologia integrale’, con le vostre competenze, la vostra passione, la vostra responsabilità”. E’ con queste parole che Papa Francesco ha voluto salutare l’Azione cattolica ricevuta  in udienza il 30 di aprile in occasione della assemblea elettiva. Ed è con questo spirito che ci apprestiamo a vivere l’avventura di un nuovo anno associativo. L’azione cattolica, ma piu’ in generale la nostra Chiesa è chiamata a passare sull’ altra riva  (Mc 4,35-41). Vorrei in tal senso soffermarmi su tre parole, passare, relazioni, responsabilità.  Passare all’altra riva  non può essere semplicemente la transizione, il trasferimento fisico, da una riva all’altra, ma è una trasformazione che osa andare oltre la geografia delle distanze, oltre la dialettica vicini-lontani, un invito a  sentirsi insieme inviati ad annunciare il Vangelo, che ancora oggi è per tutti. Significa assumere la forma bella di una vita piena vissuta nella generosità, nella gratuita; generativa e disponibile a stupirsi dell’opera dello Spirito che abita la vita di tutti le persone. Sapendo che «il signore è con noi, dorme a poppa ma è con noi, si fida di noi, si fida della nostra capacita di immaginare il futuro, di darci da fare, di impegnarci per affrontare tutti insieme questa traversa, andando oltre le paure del tempo. Nessuno si salva da solo. La pandemia ha fatto scoprire semplicemente quanto ognuno di noi, le nostre comunità  la nostra associazione diocesana  abbiano bisogno di camminare insieme  di costruire alleanze con altri soggetti per contribuire in modo propositivo al cammino sinodale che la Chiesa italiana si appresta a iniziare, abbattendo i muri che dividono assumendosi la responsabilità di farlo Il termine responsabilità, nella sua origine, ci rimanda all’esperienza del rispondere di qualcosa a qualcuno. Si risponde delle proprie azioni rispetto ad un ruolo, rispetto alle aspettative degli altri, rispetto alle leggi, rispetto al proprio credo e alla propria coscienza. Ognuno di noi è responsabile di qualcuno o di qualcosa ed è responsabile nei confronti di qualcuno. Il Progetto formativo dell’Azione Cattolica nel quarto capitolo dedica un lungo paragrafo alla responsabilità che ogni laico (ogni laico, non ogni laico di AC) deve coltivare a partire dal dono della vita ricevuto da Dio.  In particolare si esplicita una responsabilità verso se stessi nell’impegno continuo di coltivare le virtù umane: “Siamo responsabili della qualità della nostra umanità. Dal punto di vista formativo, ciò significa alimentare la consapevolezza di questo dono e al tempo stesso coltivare quelle virtù umane che ci permettono di liberare nel modo più pieno possibile il disegno di Dio nella nostra vita e nella storia”.E lo dobbiamo fare nella consapevolezza dell’importanza della cura delle relazioni Tra le nuove sfide dobbiamo interrogarci se davvero vogliamo che tutto torni come prima o se questa dura esperienza della pandemia ci può aiutare ad essere come Chiesa e associazione più radicati nel presente  costruttori di  una trama di relazioni affidabili, a combattere la solitudine e l’individualismo  con la consapevolezza che restituendo intensità al presente si costruisce futuro. Ciò da cui si deve restare alla larga è il peccato del clericalismo: Ciò cui si deve dare spazio e visibilità è «la vita quotidiana delle nostre realtà, fatta di carità, di attenzione, di visite alle persone, di accoglienza, di catechesi, di accompagnamento spirituale», «attraverso un ascolto profondo di esperienze di sofferenza, di gioia, di fatti di carità, di prassi di preghiera… E allora credo che veramente il sinodo potrebbe diventare un’esperienza di crescita». Mi piace concludere con una frase che credo sia davvero ideale per il nostro  inizio e il nostro impegno. È una frase di Vittorio Bachelet Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido”. Un  invito forte a riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato. Questo è il nostro compito: quello di essere seme buono e valido
 
Paolo Cappelli, Presidente diocesano AC
 
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