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Il contesto contemporaneo: un cambiamento d’epoca

autore: Gabriella Burba
data di pubblicazione: 12-10-2023

Già nel 2015, al Convegno di Firenze, papa Francesco affermava: “Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”.

Foto: Alfredo Borba, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Foto: Alfredo Borba, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
L’idea che l’evo moderno fosse ormai alla fine era presente da tempo nelle analisi di alcuni grandi intellettuali: nel 1950 Romano Guardini pubblica “La fine dell’epoca moderna” anticipando il dibattito sulla post-modernità, ripreso nel 1979 dal libro di Lyotard “La condizione postmoderna”, connotata in questo caso positivamente come rottura netta con il passato, fine delle grandi narrazioni metafisiche, superamento di canoni tradizionali e apertura a un mondo trasformato dalle tecnologie in direzione di ciò che è molteplice, frammentato, polimorfo e instabile. Tutte caratteristiche ricorrenti poi nelle numerose pubblicazioni critiche di Zygmunt Bauman, autore del celebre termine “Modernità liquida”. In realtà, secondo molti interpreti, il cosiddetto postmoderno altro non sarebbe che la fase estrema della modernità, di cui ha esasperato alcuni aspetti, con derive individualistiche, edonistiche, mercificanti, nichilistiche.
 
Come notava ironicamente l’intellettuale marxista Debray nel testo “Dio, un itinerario. Per una storia dell'Eterno in Occidente”, “Scienza e tecnica ci hanno giocato un tiro mancino. Esse hanno razionalizzato l’ambiente e desimbolizzato la vita. Questo genera una situazione di incertezza. Ne scaturisce un rapporto come tra vasi comunicanti: meno persone ci sono in chiesa, più ce ne sono dagli avvocati ... Sopportiamo meno bene il dolore, la disgrazia, le catastrofi. La capacità di accettare i rischi è in ribasso... La sofferenza è diventata inutile e un rovescio della fortuna è causa di suicidio. Non c’è nessuno che ne possa rispondere. I disegni sono impenetrabili. Nulla che ‘faccia senso’ – nel bene come nel male. L’orbita vuota in alto, è vero, non ha che generato delle disgrazie qui in basso”.
 
Mentre il sociologo Francesco Morace va oltre la liquidità parlando di “Modernità gassosa”, veicolata dal digitale e dai social, il filosofo morale Roberto Mordacci ritiene che l’ondata postmoderna caratterizzata dalla messa fra parentesi dell’idea stessa di verità e di valori morali condivisi, con gli  approdi relativistici e nichilistici del pensiero debole, sia ormai alla fine nella cultura alta e commenta: “Il postmodernismo adesso è arrivato alle masse e per un po’ di anni continueremo ad avere questi movimenti fideistico-irrazionalistici, dal nazionalismo tribale al relativismo esasperato. Ed è un momento molto pericoloso”.
 
Ma ci sono i sintomi di un cambiamento, che Mordacci vede nei suoi studenti: “Quindici anni fa arrivavano al primo anno di Filosofia completamente nichilisti e relativisti. Negli ultimi cinque anni la situazione si è completamente capovolta: ho studenti che arrivano con un bisogno spasmodico di certezze, se non già carichi di certezze loro, e se per caso fai un po’ il relativista ti saltano addosso, irritati dall’atteggiamento della nostra generazione, svagato e non impegnato verso le cose che contano”.
 
Comunque lo si definisca, il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo ci pone di fronte a una serie di sfide che interpellano profondamente la Chiesa e l’intera umanità: crisi economica, sociale e politica, squilibri internazionali e guerre, crisi ambientale e climatica, rivoluzione antropologica, con i rischi della deriva post e trans-umana e le sofferenze di tanti ragazzi e giovani che traducono in disturbi psichici e autolesionismo il disorientamento e la mancanza di riferimenti. All’altro estremo di età, l’ultracentenario Morin, grande laico estimatore del papa e solidale con le sue idee, lancia l’appello “L’umanità è in una fase della sua storia piena di pericoli e al tempo stesso piena di promesse tecniche o scientifiche. Ma persino le sue promesse hanno un duplice volto. Favoriscono l’idea, che ha dominato la civiltà occidentale, pessima a mio avviso, di dominare la natura e di dominare il mondo. E il transumanesimo riprende i concetti attuali della tecnica, dell’informatica, dell’intelligenza artificiale per creare un uomo cosiddetto immortale che dominerà il mondo e i pianeti. È una follia! Cerchiamo di svegliare le nostre coscienze”.
 
Gabriella Burba, delegata diocesana per le Aggregazioni Laicali