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Diario del Sinodo /5. Il "dopo" Francesco è già iniziato

data di pubblicazione: 27-10-2023

Dal sito "Oltre San Pietro dialoghi su cielo, terra e curie varie" di Gianni Di Santo

Inutile girarci intorno. Quando Bergoglio salì al trono pontificio quel 13 marzo del 2013, erano fin troppo chiari ai cardinali riuniti in Conclave i problemi che la Chiesa stava attraversando. Lo scandalo della pedofilia, Vatileaks con tutto il suo bagaglio di intrighi curiali, il distacco già avviato dei fedeli praticanti dalla liturgia, una perdita di rappresentatività nel contesto internazionale.
Bergoglio fu scelto per arginare, almeno in parte, questi problemi e avviare un progetto di riforma complessiva della curia e dell’istituzione-Chiesa.
 
Il papa argentino si presentò ai fedeli portando all’interno della Chiesa una ventata d’aria fresca. Una certa empatia con il popolo di Dio, una vicinanza concreta ai poveri e agli ultimi, ai “lontani”. Colpirono subito il lessico bergogliano, così autenticamente popolare e lontano dal rigido dogmatismo europeo. Uno spirito francescano, insomma, mediato però dalla sapienza gesuitica, applicato al potere temporale di un’istituzione millenaria come la Chiesa. Era la novità tanto attesa. La riforma della curia, nel frattempo, sembra avviata alla fine. Ma quello che interessava a Francesco, e interessa tuttora, è il curare l’anima della Chiesa.
Aprì porte, fece entrare aria fresca dalle finestre. Ma soprattutto mobilitò e sensibilizzò molto l’anima semplice del popolo di Dio, che in fondo si aspettava poche cose dal papa “venuto da lontano”: pulizia all’interno della Chiesa, sobrietà nei suoi comportamenti, attuazione del Concilio Vaticano II. Sì, proprio quel Concilio Vaticano II che aveva cinquant’anni prima suscitato speranze e sogni su una Chiesa “diversa”, abbracciata al Vangelo e in dialogo con l’umanità ferita e abbandonata.
 
Sappiamo cosa sia successo in tutti questi anni. Il Concilio Vaticano II è stato relegato ai libri di storia. Una promessa tradita. E qui c’entra il Sinodo. Perché Bergoglio ha insistito molto con il metodo sinodale. Il metodo che è merito, sinodalità vissuta, concretezza di Chiesa. Qualcuno gli contesta che non abbia preso decisioni ultime su molte cose, ma conoscendo i suoi scritti e il suo magistero a me sembra che la Chiesa immaginata da Francesco forse sarà pure un’altra, che vedremo con un prossimo papa, ma senz’altro nuova perché dovrà passare sotto le forche caudine di una rinnovata sinodalità. Attraverso il metodo papa Francesco spera che verranno a soluzione alcuni snodi pastorali/ecclesiali fondanti per la Chiesa del terzo millennio. Se oggi si parla del ruolo delle donne e di un apporto diverso dei laici lo si deve a lui, al papa argentino.
 
Questo Sinodo, che finirà i suoi lavori nell’ottobre del prossimo anno, ha dimostrato che il metodo supera il merito. La lezione, in fondo, dell’Evangelii gaudium. Quel metodo che papa Francesco vorrebbe nascesse nelle coscienze di ogni battezzato e ogni fedele impegnato nelle comunità ecclesiali di appartenenza.
 
Basterà il metodo e basterà l’apporto del popolo di Dio per cambiare la Chiesa? È la domanda che si fanno in molti. 

La storia della Chiesa ci dà qualche risposta. Il Concilio Vaticano II nacque e si sviluppò perché c’erano delle élites che pensavano una Chiesa riformata. Sì, qualche sperimentazione di nuova Chiesa si cominciava a percepire dalla base negli anni cinquanta, ma solo esperienze sporadiche, seppur evidenti. Pensiamo a don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari, padre David Maria Turoldo, don Ernesto Balducci. Ma furono le élites a fare il resto. Teologi e filosofi che hanno cambiato la Chiesa: Marie-Dominique Chenu, Karl Rahner, Yves Marie-Joseph Congar, Jean Daniélou e Henri-Marie de Lubac, l’umanesimo integrale di Jacques Maritain e il personalismo comunitario di Emmanuel Mounier. Vescovi e cardinali come Giacomo Lercaro, Luigi Bettazzi che, tra l’altro, produssero quello che fu chiamato Il patto delle Catacombe, il documento che consigliava la Chiesa a essere povera per i poveri. E naturalmente il papa. Giovanni XXIII ebbe l’intuizione e Paolo VI proseguì il cammino del Concilio.
 
Sono convinto, non da oggi, che la cosiddetta base, il popolo di Dio, dovrà attrezzarsi bene e velocemente con gli strumenti della cultura e sempre con “schiena diritta”, per poter di nuovo sognare una Chiesa profetica. Ma sono ancor più convinto che l’aiuto fondamentale dovrà arrivare dalla teologia – che, a dir la verità, solo ultimamente mi sembra si appresti a sollevare la testa, grazie soprattutto al contributo qualificato e sorridente delle battagliere teologhe italiane – e da qualche pastore illuminato e profetico (se ce ne sono… quanto ci manca il card. Martini). 
Ma soprattutto, ci vorrà un papa risoluto rispetto alle questioni più scottanti. Il ruolo delle donne, il celibato dei preti, il diaconato femminile, il ruolo dei laici, il calo delle vocazioni, le chiese vuote: c’è molto da lavorare.
 
Ecco perché questo Sinodo è importante. 
Perché ci schiude davanti i nostri occhi un attimo di futuro. I cardinali disegnano già alleanze, pensano a quello che sarà nel “dopo” Bergoglio (in realtà ci pensa pure lui, visto le nomine cardinalizie che ha approvato…).

Si tratta solo di capire se la porta di casa rimarrà aperta e il padrone porgerà le chiavi a tutti gli ospiti residenti, come papa Francesco ha inteso in questi anni di pontificato. Oppure, semplicemente, se la porta si chiuderà. Senza troppa nostalgia per i “desiderata” bergogliani.

Il “dopo” Francesco è già iniziato.


Gianni Di Santo

(tratto dal sito http://oltresanpietro.blogspot.com)

 


Gianni Di Santo, giornalista e scrittore, si occupa di informazione religiosa. Scrive, inoltre, di musica, enogastronomia, Mediterraneo e viaggi.
 
Ha curato gli ultimi due libri di don Andrea Gallo editi per Piemme (Come un cane in Chiesa. Il Vangelo respira solo nelle strade e Sopra ogni cosa. Il Vangelo laico secondo Fabrizio De Andrè nel testamento di un profeta) e ha pubblicato, tra l’altro, A tavola con Dio (Ave, 2007), Sentieri per lo spirito. Trekking per tutti nei luoghi della fede (con Carlo Finocchetti, Paoline, 2009), Carlo Carretto, il profeta di Spello (San Paolo, 2010), Il conto dell'Ultima Cena con Moni Ovadia (Einaudi Stile libero, 2010), La messa non è finita. Il Vangelo scomodo di don Tonino Bello (Rizzoli, 2012) e Chiesa anno zero. Una rivoluzione chiamata Francesco (San Paolo, 2014).
 
Per Rubbettino, insieme ad Alessandro Barban, ha pubblicato il Vento soffia dove vuole. Un monaco racconta (2014), e il romanzo Finalmente è cambiato il parroco (2022).
 

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